Fossilizzazione oggettuale descritta da Giovanni Spiniello
“Nel corso di una passeggiata sul Terminio, fui colpito da un fenomeno su cui non avevo avuto modo di soffermarmi prima d’allora. Nelle rocce, che non avevo mai guardato così da vicino, c’erano impronte di fossili: pesci, conchiglie, stelle marine bloccati dal tempo in un attimo, sedimentati. Erano delle vere e proprie tracce sulla pietra, delle impronte fossili. Mi affascinò l’idea che milioni di anni prima, in montagna, ci fosse il mare. Le potenzialità del concetto non trovarono subito spazio nella mia mente per una applicazione. Passai lunghi periodi rimuginando, anche inconsapevolmente, poi ebbi il mio insight, la mia illuminazione. Le impronte fossili erano una modalità, un mezzo, uno strumento per raccontare lo scorrere del tempo, ma anche il presente, l’attimo specifico in cui l’azione si compie e si ferma. Era la fine del 1968. In quel periodo decisi di applicare l’idea alla tecnica che più mi era consona, l’acquaforte, innovandola ed attualizzandola. Quello che mi premeva era dimostrare che attraverso le impronte fossili sulla carta, spinte dalla pressione del torchio, era possibile raccontare, ma anche archiviare, catalogare e, allo stesso tempo, interpretare, esplorare, suggerire. I primi esperimenti erano oggetti su carta bianca. Solo successivamente iniziai a sentire il bisogno del colore. Preferivo mate-riale che avesse una texitura interessante, capace di penetrare nella carta e restare.
Poi venne il bisogno di museificare la natura. Pensavo che, come dall’impronta si può risalire all’assassino, così dalle cartoggettografie si può risalire alla geografia stratificata dei luoghi. Un rapporto antropologico ed etnografico, un desiderio di catalogazione che mi prendeva continuamente, dovunque andassi, e che trasportai, in modo naturale, nella dimensione materica. Il primo riconoscimento di rilievo per la fossilizzazione oggettuale arrivò da Enrico Crispolti che le definì cartoggettografie multicolorate.
Fui quindi Segnalato Bolaffi nel 1979 da Crispolti con la seguente motivazione: “rinnova efficacemente la tecnica incisoria attraverso l’impronta rivolta ad accogliere memorie oggettuali molteplici, con esito di intenso lirismo”.
L’artista, successivamente, applica l’idea della cartoggettografia ad altri materiali (cemento armato, olio su tela, ceramica) rivisitandone le potenzialità espressive e creando la cartoggettografia, l’olioggettografia, la ceramicoggettografia e la plastoggettografia.
Cartoggettografia
La carta umida dell’acquaforte accoglie gli oggetti che attraverso la pressione del torchio vengono impressi definitivamente. Le fossilizzazioni oggettuali diventano tracce, segni metaforici ed allusivi delle interpretazioni dell’artista, rielaborati attraverso la tecnica e la commistione dei materiali.
Plastoggettografia
Sculture e pannelli in cemento armato ad alta resistenza dove gli elementi oggettuali diventano parte dell’operazione.
Olioggettografia
Nella tecnica dell’olio su tela sono gli oggetti che vengono dipinti e, attraverso la pressione del torchio, lasciano la loro traccia sulla tela.
Ceramicoggettografia
I piani di argilla accolgono direttamente le sovraimpressioni oggettuali. Le dimensioni si riempiono, le tracce si impregnano della commisstione dei materiali.
Terraoggettografia
Il suo attuale lavoro di ricerca consiste nell’innovare la fossilizzazione oggettuale utilizzando gestalticamente tempera antica e una significazione dei colori maturata nella sua ricerca antropologica e identitaria.